Criticità smart working

Criticità smart working: sotto gli aspetti esteriori dell’adozione dello Smart Working come modalità di lavoro, abilitata oggi dalle tecnologie digitali, c’è ancora una interpretazione non efficace. Spesso si dà importanza solo a una delle leve, il lavoro in remoto, remote working, mentre le organizzazioni che hanno progetti strutturati hanno compreso la necessità di basare il lavoro sulla valutazione dei risultati, result based organization, con un monitoraggio dell’andamento dei progetti. Allo stato, esclusi i casi evoluti, si rischia di seguire solo una moda.

Criticità smart working: situazione Italiana

Il 47% delle aziende che ha attivo lo Smart Working lo limita infatti alla possibilità di lavorare da casa, da altre sedi o in spazi esterni come co-working o business center. Solo un 5% si è limitato a riprogettare gli uffici, per esempio togliendo la scrivania personale, mentre il restante 47% combina questi due aspetti. Anche la popolazione coinvolta è ancora limitata: circa il 10% nei progetti pilota, con percentuali che arrivano al 38% in progetti in espansione o a regime. Inoltre il modello di remote working più frequente è di 4 giorni al mese (43%), seguito da 8 giorni al mese (22%) e solo nei casi più maturi (quel 9% complessivo delle grandi aziende) non viene posto alcun limite e comunque solo nell’11% dei casi.

Criticità smart working: diffusione ancora scarsa

Dall’esame deo risultati dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano si evidenzia come ci sia da fare per rendere lo Smart Working un’occasione di cambiamento profondo della cultura organizzativa. Occorre pensare a modalità di lavoro innovative anche per la maggioranza dei lavoratori esclusi da questi progetti, soprattutto nelle PMI e nelle pubbliche amministrazioni dove, nonostante gli apprezzabili sforzi a livello normativo, la diffusione è tutt’altro che incoraggiante. Le azioni di sistema portano a sperare in un cambio di passo in cui lo Smart Working possa rivelarsi un’occasione di rilancio per tanti lavoratori.

Criticità smart working: ostacoli alla adozione

Gli ostacoli principali all’adozione di questo modello non solo flessibile, ma soprattutto basato su responsabilizzazione e autonomia, sono, al primo posto, la non applicabilità alla specifica realtà (55% dei casi) e, al secondo posto, la mancanza di interesse e presenza di resistenze da parte dei capi (45%). Questo vale anche per le PMI, mentre la PA mette ancora al secondo posto la mancanza di regolamentazione al suo interno.

Criticità smart working: trend

Quanto ai trend dei prossimi tre anni, comunque, le previsioni sono ottimistiche. La gran parte delle organizzazioni con un progetto strutturato di Smart Working prevede di estendere l’accesso a più persone (74%), di sviluppare nuove forme per figure professionali finora escluse (63%) e di diffondere una cultura basata sulla definizione di obiettivi, la responsabilizzazione sui risultati e la valutazione delle performance (63%).

Criticità smart working: opportunità per l’evoluzione

Sotto la punta dell’iceberg, infatti, si nascondono moltissime opportunità per l’evoluzione delle nostre organizzazioni e il loro rilancio: aumento di produttività, un nuovo stile di leadership, valorizzazione dei talenti, conciliazione, inclusività e sostenibilità, employer branding. Sviluppo delle competenze digitali, business continuity, result based culture, più opportunità per una leadership femminile, meritocrazia e sostenibilità ambientale.

Sotto gli aspetti esteriori dell’adozione dello Smart Working come modalità di lavoro, abilitata oggi dalle tecnologie digitali, c’è ancora una interpretazione non efficace. Spesso si dà importanza solo a una delle leve, il lavoro in remoto, remote working, mentre le organizzazioni che hanno progetti strutturati hanno compreso la necessità di basare il lavoro sulla valutazione dei risultati, result based organization, con un monitoraggio dell’andamento dei progetti. Allo stato, esclusi i casi evoluti, si rischia di seguire solo una moda.

Il 47% delle aziende che ha attivo lo Smart Working lo limita infatti alla possibilità di lavorare da casa, da altre sedi o in spazi esterni come co-working o business center. Solo un 5% si è limitato a riprogettare gli uffici, per esempio togliendo la scrivania personale, mentre il restante 47% combina questi due aspetti. Anche la popolazione coinvolta è ancora limitata: circa il 10% nei progetti pilota, con percentuali che arrivano al 38% in progetti in espansione o a regime. Inoltre il modello di remote working più frequente è di 4 giorni al mese (43%), seguito da 8 giorni al mese (22%) e solo nei casi più maturi (quel 9% complessivo delle grandi aziende) non viene posto alcun limite e comunque solo nell’11% dei casi.

Dall’esame deo risultati dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano si evidenzia come ci sia da fare per rendere lo Smart Working un’occasione di cambiamento profondo della cultura organizzativa. Occorre pensare a modalità di lavoro innovative anche per la maggioranza dei lavoratori esclusi da questi progetti, soprattutto nelle PMI e nelle pubbliche amministrazioni dove, nonostante gli apprezzabili sforzi a livello normativo, la diffusione è tutt’altro che incoraggiante. Le azioni di sistema portano a sperare in un cambio di passo in cui lo Smart Working possa rivelarsi un’occasione di rilancio per tanti lavoratori.

Criticità smart working

Criticità smart working

Gli ostacoli principali all’adozione di questo modello non solo flessibile, ma soprattutto basato su responsabilizzazione e autonomia, sono, al primo posto, la non applicabilità alla specifica realtà (55% dei casi) e, al secondo posto, la mancanza di interesse e presenza di resistenze da parte dei capi (45%). Questo vale anche per le PMI, mentre la PA mette ancora al secondo posto la mancanza di regolamentazione al suo interno.

Quanto ai trend dei prossimi tre anni, comunque, le previsioni sono ottimistiche. La gran parte delle organizzazioni con un progetto strutturato di Smart Working prevede di estendere l’accesso a più persone (74%), di sviluppare nuove forme per figure professionali finora escluse (63%) e di diffondere una cultura basata sulla definizione di obiettivi, la responsabilizzazione sui risultati e la valutazione delle performance (63%).

Sotto la punta dell’iceberg, infatti, si nascondono moltissime opportunità per l’evoluzione delle nostre organizzazioni e il loro rilancio: aumento di produttività, un nuovo stile di leadership, valorizzazione dei talenti, conciliazione, inclusività e sostenibilità, employer branding. Sviluppo delle competenze digitali, business continuity, result based culture, più opportunità per una leadership femminile, meritocrazia e sostenibilità ambientale.

Links: https://www.osservatori.net/it_it/osservatori/executive-briefing/smart-working-sotto-la-punta-della-iceberg

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